Terra di mezzo-Recensione
1997, di Matteo Garrone
La carriera di Matteo Garrone parte dal basso, da un cortometraggio di strada dal titolo “Silhouette”, premiato al sacher festival di Nanni Moretti. L’anno successivo, con qualche soldo in più nelle tasche, decide di trasformare l’opera in un lungometraggio dal titolo Terra di mezzo, aggiungendo al primo altri due episodi, Euglen & Gertian e Self Service. Non si distinguono ancora bene i tratti del cinema di Garrone, ma di sicuro se ne intuiscono le capacità (tenute più a freno nelle due opere successive, da considerarsi transitorie al grande salto avvenuto poi con l’imbalsamatore).
Terra di mezzo ha le sembianze di un documentario amatoriale, povero di particolari tecnicismi ma ricco di realismo. Garrone cattura situazioni quotidiane senza cadere nel convenzionale, e forza appena la mano nei dialoghi. I tre episodi di cui è composto trattano lo stesso argomento, l’immigrazione, ed ancor più l’integrazione. Storie di prostitute, di sfruttamento e di lavoro nero. Vite difficili di persone alla ricerca di sistemazione nella nuova realtà in cui si trovano. Propositi che ben presto si scontrano con la società italiana e soprattutto con chi ha un lavoro da offrirgli, propenso però, piuttosto che alle opere di bene, a cercare scorciatoie, quasi mai lecite, per tirar l’acqua al proprio mulino. Il fallimento della loro integrazione, più dovuto all’egoismo che al razzismo, ne aumenta la diffidenza ed il distacco, e si trasforma ben presto in emarginazione. Storie di una terra di mezzo. Episodi che si ripetono, si dimenticano, senza soluzione.
Il film è visibile gratuitamente su youtube (non sappiamo se lecitamente)