Mia Madre-Recensione
2015, di Nanni Moretti
Era il 1998 quando Nanni Moretti accendeva una canna enorme di fronte a sua madre. Altri tempi. E, verrebbe da dire, altro cinema. Sì, perché, è lecito affermare che Nanni Moretti abbia deciso d’intraprendere una strada nuova, più armoniosa, destinata a segnare una svolta concreta verso la maturità artistica.
Cosa deducibile non tanto dai sentimenti in gioco, né tantomeno da quel voler parlare attraverso il cinema di se stessi e della propria vita, ma dal registro espressivo, dalla profondità di certi passaggi e, sopratutto, dall’insolito punto vista con cui Moretti ci racconta, ancora una volta, una storia prettamente autobiografica. Mia madre, infatti, sembra superare con scioltezza i confini marcati da un ego smisurato che per quasi un quarantennio si è imposto con forza sulla scena nazionale e internazionale. Mia madre è il racconto di due fratelli, Margherita (Margherita Buy) e Giovanni (Nanni Moretti), che, in maniera diversa perché profondamente diversi, affrontano la malattia della madre e il progressivo aggravarsi di questa. Margherita è una regista che sta girando un film – Noi siamo qui – sulla crisi del lavoro. Un film che parla di licenziamenti, di diritti, delle lotte intraprese dagli operai di un’azienda per salvare il proprio posto in fabbrica. Barry Huggins (un esuberante e smemorato John Turturro) è un famoso attore americano con più di cento film alle spalle e una presunta collaborazione con Kubrick che interpreta il capo intransigente nel film di Margherita. Margherita ha un carattere difficile, solitario, che spesso si trova in balìa del disagio e della nevrosi. Una personalità tormentata che alterna confusione e carisma sul set, e che riesce a nascondere con fatica la fragilità di una donna problematica, che sta affrontando momenti difficili e incapace di accettare fino in fondo la realtà di una perdita importante. Suo fratello Giovanni, invece, è un uomo mite che non si scompone mai, fin troppo premuroso e risoluto. Quindi l’ospedale, dove Ada( Giulia Lazzarini ), la madre, è ricoverata e dove la condivisione delle sensazioni dei due fratelli si fa via via più intima e toccante. Ada è una ex professoressa di latino: insegnante che incarna senza retorica una passione d’altri tempi e una saggezza ricca di spunti umani. La sua è stata una vita semplice, fatta di poche cose ma importanti, che Moretti ama mostrare come pilastri di un’intera esistenza: l’unità affettiva dei figli, i libri ingialliti sugli scaffali, la stima degli alunni che ancora chiedono di lei, il latino spiegato alla nipote perfino quando una mascherina le copre la bocca, come simbolo di una causa da perorare fino all’ultimo respiro utile. C’è tanto cuore in quest’ultima opera di Moretti. C’è la sensibilità di un uomo che ha sofferto, e c’è la sincerità di un regista che riesce a raccontarsi stratificando la materia filmica su diversi livelli, da dove emergono tematiche complementari e letture ulteriori: il cinema, il rapporto con gli altri, le difficoltà comunicative, i conflitti di coscienza, il rapporto che corre tra la realtà – la madre malata – e la finzione – gli attori sul set -, le relazioni familiari, la difficile gestione dei sentimenti, il disagio. E poi un omaggio a Fellini e il ritratto sardonico di una star che, arrivata in Italia, si riempie la bocca del nostro cinema in un moto quasi adulatorio, alla quale Moretti, tuttavia, non nega mai istanti di sincera umanità al di fuori del registro grottesco. È questo l’aspetto più leggero del film, ed ha il volto di John Turturro. Un divagare esilarante dove regnano improvvisazioni, ironia e buone trovate comiche. Una complessità tematica affatto nuova per Moretti, che, in questo caso, allenta la rigidità dell’ambiente ospedaliero e quella ancor più dolente di una casa materna ormai vuota e silenziosa. Mia madre divaga senza smarrimento e senza perdere mai di vista il nocciolo della storia, ovvero quel sentimento comune che lega Margherita e Giovanni al fianco della madre. Intensità emotiva, dunque, e forse un po’ di pietà nelle corde di Margherita, che rendono necessario l’intervento di Giovanni per ristabilire il giusto equilibrio e una sobria consapevolezza riguardo al futuro. Un futuro che egli, spiegando alla sorella frastornata le parole dei medici, ha laicamente predetto, al quale non può sottrarsi e che per questo ha deciso di affrontare appieno, senza il peso del lavoro e dei suoi impegni – “Ho deciso e non cambio idea”, dice Giovanni al suo datore di lavoro che tenta di evitare il licenziamento. Margherita è il motore e il collante di queste vicende. Giovanni fa da supporto, da moderatore saggio. Un appoggio solido, capace di prendere decisioni importanti pur rimando nell’ombra di poche parole. Ed è qui che Nanni sorprende. È qui che Mia madre rivela un’anima nuova. Nanni Moretti in questo film si defila e affida ad un personaggio femminile tutta la sua personalità e tutto il suo tormento umano. Un Moretti, quindi, che non è più una polveriera in procinto di esplodere alla prima sollecitazione. Un Moretti che spegne i fuochi delle sue contrapposizioni. Un Moretti che non veste più i panni dell’artista pieno di sé e delle sue idee; quello che sfidò a testa alta i grandi maestri, che ebbe il merito e la presunzione d’incalzare un determinato processo di rinnovo proponendo un cinema d’avanguardia, autoreferenziale e fin troppo compiaciuto. Il Moretti dell’uno contro tutti. Il Moretti, insomma, senza mezze misure. Quel Moretti che ancora oggi fa discutere, divide, che fu artefice di sequenze debordanti e battute indimenticabili. Michele Apicella e il “vecchio” Giovanni hanno lasciato degnamente la scena. Ora Moretti è un appacificante e accudente sessantenne che soffre e interiorizza. Mia madre rappresenta l’età che avanza, la crescita compiuta di un cinesta che ha ancora qualcosa da dire, ma che, in fondo, ha deciso di reinventare la sua figura umana ed artistica e il suo lungo percorso individuale. Un cambiamento netto, è vero, ma pur sempre mirato, restio alle mutazioni o alle suggestioni del formalismo, materiale che, evidentemente, non serve ancora a Moretti. “Moretti, levati che devo vedere il film”, diceva Dino Risi. Beh, non possiamo non constatare che Nanni, a suo modo, è riuscito a fare pure questo.
Paese-Anno: Italia 2015 - Titolo Originale: Mia madre - durata: 106' - Regia: Nanni Moretti - Data di uscita: 16 Aprile 2015 - Interpreti:Anna Bellato, Antonio Zavatteri, Beatrice Mancini, Camilla Semino Favro, Davide Iacopini, Domenico Diele, Enrico Ianniello, Giulia Lazzarini, John Turturro, Lorenzo Gioielli, Margherita Buy, Monica Samassa, Nanni Moretti, Pietro Ragusa, Renato Scarpa, Rossana Mortara, Stefano Abbati, Tatiana Lepore, Tony Laudadio, Vanessa Scalera