Louisiana-Recensione
2015, di Roberto Minervini
The other side, l’altra parte. Quella che Hollywood non ci ha mai raccontato. L’America nascosta, senza voce, abbandonata. “Un gigante con le fondamenta di burro” per parola dello stesso regista. Roberto Minervini documenta la vita delle comunità invisibili della Louisiana, una realtà che si scontra violentemente con quel sogno americano messo in mostra in tante pellicole targate USA. L’opera doveva fungere da finale della precedente trilogia sul Texas, rappresentare da dove i protagonisti erano fuggiti per conquistare una dignità che nelle terre d’origine non era possibile. Si è trasformata invece nel probabile inizio di una nuova serie di film (o documentari come lui stesso preferisce definirli), rivolta ad una popolazione aliena al resto degli Stati Uniti, che raggiunge il 60% di disoccupazione. Completamente dimenticata dalle istituzioni, oggi rappresentate nella figura del Presidente Barack Obama.
La comunità portata sullo schermo da Minervini vive di miseria. Persa in terre abbandonate e prive di attrazioni, reagisce alla desolazione affogando nell’alcool o perdendosi nelle droghe, unici espedienti per evitare di soffermarsi a riflettere sulla propria condizione di vita. Tra questi vivono Mark e Lisa (sorella di Todd, padre di Colby, protagonista di Stop the pounding heart). I due si sostengono a vicenda, mossi da un sincero sentimento che li lega profondamente e che sfocia spesso in atti sessuali. Mark qualche volta riesce a trovare sporadiche occupazioni che gli permettono di racimolare qualche dollaro, investito immediatamente in sostanze stupefacenti, sia per uso personale che da cucinare, in modo da rivenderle poi al resto della popolazione. Una comunità che si mostra molto nazionalista, fortemente legata alla storia del proprio paese, simboleggiata da quella parola che riecheggia costantemente nelle loro menti e funge da pilastro delle loro convinzioni: freedom. “Non saremo mai schiavi di nessuno” amano infatti ricordare. Ed Il docu-film di Minervini ha la sua vera potenza nel trasmettere appieno la reale condizioni di vita e lo stato d’animo degli abitanti di queste comunità invisibili. La povertà e l’abbandono non hanno scalfito il loro amore verso la propria nazione, hanno però inasprito il loro odio verso chi li governa. Obama appunto. Il presidente degli Stati uniti è al centro del film, principale imputato della loro situazione (come prima i suoi predecessori del resto), un livore che sfocia anche in battute razziste (la loro è una comunità bianca). Mark assume il ruolo di portavoce della condizione sociale di tutta la collettività, combattuta tra la voglia di rivalsa ed una totale rassegnazione. I pochi momenti gioiosi della sua esistenza (il lavoro, l’amore, l’ottimo rapporto con la mamma e la nonna) vengono puntualmente e bruscamente interrotti dallo sconforto, culminante col l’abuso delle droghe. Il suo conflitto interiore è ben manifestato dalla contrapposizione tra il suo desiderio natalizio “Spero di non finire in galera per quest’anno” e l’idea di farsi arrestare appena morirà la madre, perché “è l’unico modo che ho per smettere di farmi”. Una continua lotta tra la voglia di rivalsa e la mera rassegnazione appunto.
Nella seconda parte della pellicola Minervini esce dal contesto della comunità e filma un gruppo di paramilitari che vive volontariamente separato dal resto della società e si mantiene in allenamento all’uso delle armi. Sostengono che la situazione del paese stia per precipitare, per questo vogliono farsi trovare pronti e difendere al meglio le loro famiglie. Sono giovani, molti dei quali tossicodipendenti, ossessionati da un possibile complotto dello stato ai loro danni e che trascorrono la loro esistenza alternando vere esercitazioni militari a momenti di totale perdizione. Due realtà diverse, che il regista non trasmette con lo stesso occhio imparziale. Mentre nel primo contesto Minervini appare emotivamente coinvolto e solidale, più schierato dalla parte dei disagiati, in questa seconda parte la sua visione appare molto più fredda e distaccata, dando l’impressione di essere meno convinto della bontà degli ideali che muovono questi ex combattenti delle forze speciali.
Louisiana è un documentario che ha il merito di mostrare un lato dell’America tenuto oscuro, anche con scene davvero forti, utili a rappresentare col massimo realismo lo stato di vita del paese. Una popolazione alla deriva che, prendendo parte in prima persona a questo progetto, si mostra desiderosa di mostrarsi al mondo e di uscire dall’anonimato in cui è sprofondata, come sottolineano le parole del regista “La voglia di farsi vedere è una condizione fondamentale per realizzare un film del genere e credo che serva a esorcizzare la loro paura di essere completamente abbandonati e dimenticati, dalle istituzioni e dal resto dell’America”. America che non porterà il film nelle proprie sale.
Paese-Anno: Italia 2015 - Titolo Originale:The Other Side - durata: 92' - Regia:Roberto Minervini - Data di uscita:28 Maggio 2015 - Interpreti:James Lee Miller, Lisa Allen, Mark Kelley