Revenant–Redivivo-Recensione
2016, di Alejandro Gonzalez Iñarritu
Dopo l’Oscar agguantato grazie ai tormenti dell’uomo uccello (Birdman) intento a cambiare definitivamente il suo pesante piumaggio nei meandri artistici di Broadway, Alejandro Gonzalez Inàrritu stravolge totalmente lo scenario, l’epoca e il linguaggio. E lo fa ispirandosi al romanzo di Michael Punke, Revenant, dove si raccontano le vicende di Hugh Glass, cacciatore vissuto negli Stati uniti tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento. Nord Dakota. Hugh Glass (Leonardo Di Caprio) è a capo di una spedizione di uomini a caccia di pellicce. Quando un gruppo d’ Indiani li aggredisce, Glass, riesce a portare in salvo un manipolo di compagni e suo figlio. Ma le sorti del gruppo sono destinate al peggio quando, per motivi economici e di appartenenza, insorgono tra i componenti le prime rivalità e, soprattutto, quando un gigantesco orso riduce Glass in fin di vita. Inizia da qui un’affascinante e straziante lotta per la sopravvivenza, in cui gli uomini si odiano brutalmente e la natura, maestosa e crudele, svolge silenziosa il suo incessante operato. Tra le atmosfere innevate, glaciali di un’America del nord più che mai cupa e spietata, un uomo già nella tomba cerca nel suo profondo un rivolo di sangue ancora caldo in grado di risollevarlo da quello strato sottile di terra scura che lo ricopre. Un indegno sepolcro costruito con troppa fretta dal compagno Fitzerald (Tom Hardy), ora in fuga da quel mondo diventato ancor più pericoloso e ostile. È un risveglio delle membra che porta in verità sentimenti importanti e profondi, già noti e comunque ampiamente analizzati sul grande schermo in varie epoche e generi cinematografici: vendetta, amor paterno, giustizia, sopravvivenza. Ma The Revenant non è la trasposizione in grande stile della tragedia di un padre che vuole vendicare se stesso e la propria famiglia. Inàrritu sa che il percorso interiore dei suoi personaggi non può fermarsi al melodramma di sentimenti imprescindibili che debordino in ogni dove, e che facciano in un certo senso da leitmotiv di un film concepito per raccontare la straordinaria angoscia emotiva dei suoi protagonisti.
Ecco, quindi, che il regista premio Oscar arriva ad iniettare in questa sua ardua fatica drammatica, come una sorta di liquido di contrasto, massicce dosi di fisicità selvaggia, di puro e incontaminato realismo, così coinvolgente da togliere il fiato; la cinepresa, dalla poesia di ambienti sperduti che emanano nel loro algido grigiore una bellezza scintillante, arriva di colpo addosso alla scena, penetra l’azione come una sorta di lama affilata e trasmette uno spettacolo visivo che s’insinua col suo freddo diretto nelle ossa, trasmettendo, senza filtri, una violenza belluina che ben presto diventerà per Glass necessaria alla sua sopravvivenza . Sangue, estrema sopportazione, banchetti improponibili, condizioni ai limiti dell’umano. Tutti elementi che danno vita a un ritmo ossessivo che corre tra gli alberi di una foresta innevata o nelle gelide acque di un fiume. Elementi che, tuttavia, lasciano forse troppo intendere, arrivando alla quasi paradossale realtà cinematografica di una lente che si sporca di sangue e che si appanna col respiro, una ricerca delle sensazioni che vuole in qualche modo far storcere il naso se non addirittura inorridire, per poi innalzarsi verso limiti apparentemente incontrollati. Quello che in sostanza potrebbe definirsi uno spettacolo a tutti i costi, in Revenant, si mostra addirittura così potente da sembrare in certi passaggi perfino forzato e fuori misura. Ed è, questo, un rischio che corrono molti registi – e attori – nel loro momento più alto: ovvero quel non saper resistere al richiamo artistico di un’opera autocelebrativa, magari mirata alla facile candidatura, diretta in un crescendo armonioso di virtuosismi e senso estetico, che finisce, poi, per intrappolare nella gabbia del formalismo l’essenza e lo spirito di un’opera filmica importante. Inàrritu corre questo rischio, è vero, ma il lavoro del regista messicano risulta essere ancora una volta qualcosa che punta, nonostante la costante opera di rifinitura, alla ricerca di una nuova sfida, ad una certa complessità di carattere che vada oltre il visivo e ad una spiazzante efficacia nel suo insieme. Revenant è il tentativo riuscito di mescolare uomo e bestia, tecnica e sangue, azione e sentimento, che sfugge solo in parte ad un’epica della sopravvivenza e della sofferenza. Una considerazione non può mancare su Di Caprio, celebrità ancora senza Oscar che qui dimostra forse meno che in passato le sue grandi capacità d’attore, ma che guadagna lo stesso il centro della scena grazie ad una performance estrema che non si è fatta intimorire dalle continue esigenze di realismo degli autori, tra fatica, carne cruda e freddo polare. E se fosse questo – solo questo – moto di generoso sacrificio e tenacia a sensibilizzare le distratte anime dell’Academy, ecco che verrebbe a mancare in tutta la sua interezza il principio più nobile di un premio così prestigioso. Sarebbe quindi preferibile e più che mai giusto che anche per questo anno il talento di un professionista di tale portata resti, ancora per una volta, lontano dall’accecante riflesso dorato dell’ambita statuetta.
Paese-Anno: Usa 2015 - Titolo Originale: The Revenant - durata: 156' - Regia: Alejandro Gonzalez Iñarritu - Data di uscita: 16 gennaio 2016 - Interpreti: Arthur RedCloud, Brad Carter, Brendan Fletcher, Christopher Rosamond, Domhnall Gleeson, Domnhall Gleeson, Duane Howard, Fabrice Adde, Forrest Goodluck, Joshua Burge, Kristoffer Joner, Leonardo DiCaprio, Lukas Haas, McCaleb Burnett, Melaw Nakehk'o, Paul Anderson, Robert Moloney, Stephane Legault, Tom Hardy, Tyson Wood, Vincent Leclerc, Will Poulter