Edward mani di forbice-Recensione
1990, di Tim Burton
Kim: “Stringimi…”
Edward: “Non posso…”
Tim Burton amava disegnare. A 14 anni aveva ideato il logo per la società della nettezza urbana di Burbank (sua città natale). La sua passione lo portò a vincere una borsa di studio messa in palio dalla Disney, e ne divenne uno degli animatori. Tim Burton aveva anche un’ossessione, un’immagine che lo affascinava, quella di una persona che non poteva toccare nulla senza romperla e non poteva sfiorare nessuno senza provocargli dolore.
Nasce da un disegno realizzato da bambino e dai suoi ricorrenti tormenti quello che può considerarsi il miglior film di Tim Burton: “Ho sempre amato le fiabe che permettono di avere un’immagine forte, graficamente audace, a volte assurda. In questo caso preciso, era quello di un personaggio in conflitto con se stesso, che vorrebbe toccare ma non può, che è insieme creativo e distruttore. Le cesoie sono un buon simbolo di queste tendenze contraddittorie, semplici e complesse nello stesso tempo”.
Caroline Thompson, celebre scrittrice di fiabe per bambini è la sceneggiatrice del film. Raccontò di lunghe chiacchierate con il regista dal sapore di seduta terapeutica, in cui Burton tirava fuori magnifiche idee per il film. Il set in cui è stato girato è una vera e propria cittadina, si chiama Lakeland, in florida. Burton fece accomodare tutti gli abitanti in albergo e ridipinse la maggior parte delle case con colori pastello “I luoghi non dovevano essere interamente negativi, questo mondo doveva evocare un po’ la fine degli anni ’50, l’epoca di Eisenhower, in cui l’America aveva ancora la leadership nel mondo; ed anche l’epoca della famiglia mononucleare, a cui guardiamo con grande nostalgia. I colori sono dunque un po’ appassiti, come un ricordo, una visione astratta di quel periodo”. Alcune delle splendide sculture realizzate da Edward durante il film possono essere ammirate ancora oggi al ristorante di New York “Tavern On the Green”.